
La lingua d’òc e Dante Alighieri
Occitano Tan m’abellis vostre cortes deman, | Italiano Tanto mi piace la vostra cortese domanda, |
Purg., XXVI, vv.140-148
L’Occitano, lingua romanza o neolatina, cioè derivata dal latino, si sviluppò alla fine dell’impero romano contemporaneamente a portoghese, spagnolo, catalano, francese, italiano, franco-provenzale, sardo, ladino, rumeno e dalmatico. All’inizio queste favelle non avevano nome, ed erano dette volgari, lingue del vulgus, popolo. Per la nostra lingua si iniziò intorno al 1000 ad utilizzare il termine oquitanus, perchè per affermare si utilizzava l'avverbio oc (dal latino hoc est, è questo). Nel 1303, nel De vulgari eloquentia, Dante classificò alcune lingue partendo dall’avverbio di affermazione, individuando tre idiomi: lingua del sì, italiano, lingua d’oil, attuale francese, e lingua d’oc, altro termine che designa l'occitano.
La lingua occitana era nota anche come provincialis, ovvero la lingua parlata nel territorio che corrispondeva alla provincia romana per eccellenza, la Gallia Narbonense, oggi Provenza. Dante ebbe tra i propri modelli letterari proprio i trovatori, in special modo Arnaut Daniel, che definì “miglior fabbro (dal latino faber, creatore) del parlar materno”. A dimostrazione della dignità letteraria riconosciuta alla lingua d’òc, Dante fa parlare in occitano Arnaut nel Canto XXVI del Purgatorio nella Divina Commedia.